Ho qualche problema … e chi non ne ha!
Mi accorgo, sempre più, che mi faccio coinvolgere emotivamente dagli uomini, ad onta di ogni possibile razionalità.
Non riesco a razionalizzare i sentimenti: … originale?!? … micca tanto!
Parto dal fondo per farmi capire subito: ieri, io e la mia famiglia siamo stati a pranzo assieme (capita così di rado!) e l’esperienza, a tavola, è stata tutt’altro che positiva!
Al termine del pranzo, però, il “cuoco” (forse, anche, titolare del locale) è venuto al tavolo per spiegare le ragioni di una difficoltà, che mi è parso non fosse una completa sorpresa.
Ci ha messo, come si dice in questi casi, la faccia!
La cosa, nonostante l’insufficienza delle ragioni addotte, che, al più, spiegano ma non giustificano, mi ha comunque coinvolto.
Anche perché non si è limitato a spiegare ma, per dare coerenza all’assunzione di responsabilità, senza alcuna nostra richiesta in tal senso, ha insistito per farci uno sconto sul conto finale.
Tra l’altro, uno sconto consistente: di fatto e non meramente di nome!
Ho pensato, a lungo, come impostare il racconto di questa esperienza e, alla fine, mi son convinto ad essere “trasparente”, nonostante la cosa mi dispiaccia un poco.
Torniamo all’origine.
Domenica. Compleanno di mia moglie. Ho convinto mia figlia e mio figlio di venire a pranzo con noi. Questo mi impone dei vincoli nella scelta del locale: vicinissimo a Modena, cucina non eccessivamente originale, tortellini inseriti nella carta e possibilmente con secondi dove non manchi la carne (anzi!).
Avevo già adocchiato il ristorante Laghi, grazie alle recensioni positive di GM. Un mio conoscente me ne parla abbastanza bene, alcuni giorni fa. Mi pare che tutto quadri e, detto fatto, prenoto.
Il ristorante Laghi è all’interno del Parco Fluviale del Secchia, laddove, alcuni decine di anni orsono, le amministrazioni “provinciali”, avvedutamente e in un’ottica di salvaguardia del territorio, decidono di dare luogo ad un progetto rivolto alla regimentazione straordinaria delle acque del fiume Secchia. Si creano qui, tra i comuni di Campogalliano e di Modena, diverse vasche (enormi vasche) naturali per contenere il fiume durante eventuali piene. Dal punto di vista tecnico, i manufatti si definiscono “casse di espansione”. Si coglie l’occasione per creare, anche, un luogo di “riserva umida”, per alloggiare uccelli in migrazione o stanziali. Si coglie l’occasione per creare uno spazio per la ricreazione “sociale”, e, domenica, le centinaia di persone lungo le rive dei laghi di Campogalliano ne davano concreta testimonianza: picnic famigliari, gruppi di amici al sole, altri che discorrono all’ombra degli alberi con cui è stato piantumato il sito, gente che passeggia coi propri animali, coppie col passeggino, padri che giocano a palla con i figli …
Il ristorante ha qualche tavolino all’esterno e una sala interna già piena di gente. Sono le 13 e 10.
Ci sediamo e, in un attimo, un gentile cameriere raccoglie le nostre ordinazioni.
Due antipasti, giusto per assaggiare, molto emiliani: gnocchino fritto con salumi e un piatto di mortadella (presidio Slow Food) con qualcosa di cui non ho memoria. Smemoratezza, come su vedrà, giustificata.
Quattro primi piatti: due tagliatelle con salsiccia gialla, un piatto di maltagliati coi fagioli ed un piatto di tortellini in brodo di cappone.
Quattro secondi: tre cotolette ed un piatto di costine disossate per me (il solito pigrone!).
Due contorni: patatine fritte e patate al forno.
Due bottiglie d’acqua: naturale e frizzante.
Una bottiglia di Lambrusco: un Campanone (di Lombardini, ovviamente).
Sono le 13.55 ed arriva, finalmente, il primo antipasto che viene spazzato via in un attimo: sono trascorsi oltre 40 minuti dacché abbiamo ordinato.
Ci mettiamo il cuore, quasi, in pace: sarà lunga; speriamo non impervia.
I pezzetti di gnocco, molto piccoli, morbidi e poco unti, sono accompagnati da un poco di salume, abbastanza buoni sia il prosciutto che il salame. Si tratta, ahimè, di una sola porzione.
Dopo una ulteriore lunga attesa, ci portano le minestre. “E il piatto di mortadella?”, chiediamo noi.
Facce sbigottite: se ne son dimenticati. Diciamo di cancellarlo dalla “comanda”: visti i tempi di gestazione il rischio d’inedia incombe.
I primi piatti, ancorché “esigui”, soprattutto le tagliatelle, sono abbastanza anonimi nella realizzazione, quando, altrimenti, non segnati da un eccesso di spezie.
Le mie tagliatelle, ad esempio, oltre allo zafferano da cui traggono il “giallo” del loro nome, erano addomesticate da un eccesso di noce moscata, peraltro presente, in modo sin troppo evidente al palato, anche nella farcia dei tortellini.
Arrivano le cotolette; le costine solamente alcuni minuti dopo!
Che dire? Va bene la doppia panatura. Va bene la cucina “light”. Ma non mettete tutto assieme nello stesso piatto, che il risultato è un pezzo di carne sottilissimo, talmente sottile che una panatura “semplice” sarebbe già stata più che sufficiente. Insomma, si sentiva solo la panatura; tra l’altro decisamente scarsa di formaggio.
Forse perché il parmigiano stava sotto, assieme ad un poco di aceto balsamico.
Voleva essere una “destrutturazione” della cotoletta? Resta il problema di dove sia finita la carne.
Carne che, mi sono accorto, latita anche nelle costine disossate con l’osso.
Nel senso che c’è una costina disossata e due spuntature con l’osso, accompagnate da due involtini di pasta fillo.
Mi direte: “Beh, tre costine non sono poi poche! Quante ne volevi?”
Poteri rispondere: “Se le costine fossero state tre costine di dimensioni “usuali”, avreste ragione!” Ma si trattava di tre pezzettini di carne di una lunghezza tra i 6 ed i 7 centimetri, poverini. Toglili l’osso (in questo caso 4 ossicini, piccoli piccoli) e rimane ben poco.
Le patate fritte vanno benino, ma quelle al forno sono decisamente “tirone”, con una “pelle” staccata dalla parte interna che, se non sapessi, visti i tempi di servizio, che sono fatte al momento, sarei propenso a pensare originata da una bella riscaldata al microonde.
Faccio presente alla cameriera che le costine disossate non sono disossate, e le chiedo di trovarmi una spiegazione presso il cuoco.
Torna dopo un poco dicendo che il cuoco ci fa presente che le “ossa” son lì solo come decorazione!
Come? Ma, allora, il piatto è costituito solamente da quell’unica piccola costina disossata?
Mi sfugge, un poco sorpreso dalla risposta, qualche altra osservazione poco lusinghiera.
Mi vien detto che arriverà il cuoco a spiegarci il tutto.
Ordiniamo solamente 4 caffè, ché ormai son le 15.00 e abbiam fretta di tornare a casa, non poco infastiditi dal servizio lentissimo e, soprattutto, da una cucina non particolarmente “riuscita”.
Il cuoco si affaccia in sala, ci racconta che i tempi lunghi sono legati al personale ancora in fase di formazione (però abbiamo visto, diverse volte, i camerieri che andavano e tornavano dalla cucina con pochi piatti tra le mani, se non, addirittura, a “mani vuote”: l’impressione che ne avevamo avuto era che fosse la cucina a non essere in grado di servire la sala piena e i tavoli all’esterno, e non che i camerieri non fossero in grado di smaltire nei tempi giusti i piatti, via via che venivan preparati!).
Si dice dispiaciuto dei contrattempi (tempi lunghi e l’antipasto “saltato”) e se ne assume gli oneri, informandoci che provvederà a comunicare alla cassa di farci uno sconto per il disagio procurato.
Per quel che riguarda le costine disossate ma con l’osso, mi ripropone la spiegazione già riportatami dalla cameriera: quell’unica costina disossata, assieme ai due involtini di pasta fillo, è, nei suoi intendimenti, il “piatto”, mentre gli altri due pezzetti di costina sono parte la “decorazione”.
Quando gli faccio presente l’esiguità del “contenuto”, ancora di più se il piatto vero e proprio consiste in quell’unico pezzo di carne, ribatte, e qui mi infastidisco maggiormente, che si tratti di 150 grammi di carne in quell’unico pezzo disossato.
Garantisco che, durante la cottura, si era ridotta a molto molto meno della metà …
Vado alla cassa. Lo sconto, come ho anticipato, è decisamente significativo.
Si passa dai 131,5 euro, sotto il frego di penna, ai 100 euro tondi tondi.
Che dire: apprezzabile l’assunzione di responsabilità.
Alcune osservazioni: non è giusto scaricare sul personale mancanze che, probabilmente, non sono del personale.
Tra l’altro, la cosa è ininfluente, perché il disservizio resta comunque a carico dell’immagine complessiva del locale.
In più, se si finisce per “giustificare” ai propri occhi certe insufficienze, si fa un cattivo servizio a se stessi, perché si fatica a capire l’origine dei problemi.
La mia impressione è che, domenica, fosse la cucina in difficoltà a seguire le richieste della sala.
Non so se per il numero di persone o per l’orientamento verso piatti obbligatoriamente “espressi” e, quindi, con dei tempi di preparazione “lunghi”, o per altro.
Se diamo credito alle recensioni lette su GM, devo presumere che queste deficienze si siano ribaltate anche sulla qualità dei piatti. E questo è un bel problema sul quale il gerente deve riflettere.
Devo tirare le somme.
L’esperienza, usando la metrica a disposizione, è da 1 cappello: poteva andare (mi auguro anche nel medesimo posto) meglio!
Me ne rammarico, oltre che per il nostro pranzo insoddisfacente, anche per la costernazione (sincera) letta sul viso del cuoco.
Me ne rammarico, anche, perché in netta controtendenza con quanto verificato da diversi altri utilizzatori del sito.
Potrebbe essere una esperienza, la nostra, del tutto casuale, anche se, in tal senso, qualche dubbio ce l’ho!
... un po', troppo, lunghino!
Poteva andare meglio..
[Funghetta]
19/04/2011