Siamo consci che le regole di Gustamodena vorrebbero recensioni di posti visitati di recente, ma pensiamo che ben difficilmente torneremo in questo posto… e al contempo il ricordo della serata è ancora ben vivo, a suo modo indimenticabile.
Dovendo festeggiare una ricorrenza, veniamo al Patriarca, di cui Marco aveva sentito parlare come di un posto abbastanza elegante ed in cui si mangia del buon pesce.
Da qualche altra parte abbiamo già scritto qualcosa circa la nostra diffidenza sui ristoranti che fanno anche da pizzeria, comunque proviamo di buon grado.
Il posto è una vecchia casa di campagna, ristrutturata con gran cura, praticamente sulla tangenziale. Già nel parcheggio, a giudicare dai macchinoni parcheggiati, ci si presenta come un locale quantomeno gradito dalle persone facoltose.
L'ingresso e le sale hanno un impatto lussuoso, ma un po' sforzato, e non curatissimo. Sale grandi, non eccessivamente fitte, ma un po' rumorose e poco intime. Essendo inizio estate ci sediamo a mangiare nel dehors, chiuso da teloni in plastica, rigoglioso di piante, e con una luce soffusa verde.
Prendiamo un antipasto con un misto di carpacci e di affumicature di vari pesci, tonno, spada, salmone, ecc… Discreto.
Dopo ci buttiamo su una paella alla catalana, scelta perché non avevamo esattamente idea di cosa fosse questa catalana, in più perché i piatti per almeno due persone generalmente garantiscono una preparazione al momento.
Infatti attendiamo un pochino e ci arriva un piatto bello abbondante ricolmo di “conchas”, crostacei e quanto ci deve essere. Dalla leggera crosticina ci rendiamo conto che è stata velocemente ripassata in forno. Mentre alla prima forchettata vorace Marco ritiene il piatto veramente gustoso, Silvia fa subito notare che l'effetto è dovuto ad una enorme quantità di burro e panna. In effetti analizzando un po' di più le cose, il riso è un po' scottino, le cozze moscette, ed anche i crostacei non garantiscono grandi emozioni. In più mano a mano che le forchettate andavano giù, il sapore del burro e della panna diventava sempre più stucchevole.
Risultato: ne lasciamo poco meno di metà , cosa piuttosto insolita per noi, abituati comunque (almeno per educazione) a finire tutto quello che arriva. Quando poi le cose sono buone, non facciamo una gran fatica.
Accompagniamo il tutto con un Müller Thurgau piuttosto anonimino.
Un po' appesantiti decidiamo di non procedere oltre. Dopo vari tentativi di avere il conto al tavolo andati a vuoto, forse dovuti al fatto che non siamo mai stati serviti dallo stesso cameriere per più di una volta, andiamo verso la cassa, dove veniamo spennati da un bel 95 € che veramente non rispecchiava nulla della serata.
C'è voluto tutto il lunedì per smaltire la pesantezza di quello che doveva essere un piatto piuttosto leggero. Ã? proprio vero che per fare andar bene un locale non importa far bene da mangiare, ma basta tenere alti i prezzi e dare un'impressione di raffinatezza e qualità , che la massa ne viene comunque attirata. Mah…
E' il nostro primo 0 cappelli, che d'ora in avanti vorremmo riservare ai locali che non solo non ci sono piaciuti, me a quelli che in più ci lasciano un senso di fregatura.
Finale. Qualche sera dopo ceniamo assieme in casa, a base di carpacci misti di pesce, praticamente identici a quelli del Patriarca. Luogo di acquisto, Coop I Gelsi. Secondo viamichelin.it i due posti distano 987 metri.
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