Decidiamo di uscire a pranzo di domenica, insieme a una coppia di amici che vive a Concordia, Andrea e Cinzia.
La meta, molto comoda per tutti e quattro, è questa trattoria ai piedi dell'argine della Secchia su cui ho fantasticato migliaia di volte durante i viaggi verso il vecchio ufficio di Mirandola.
Per vari motivi non sono mai riuscito a fermarmi; accetto quindi molto volentieri la proposta e ci troviamo in loco alla mezza spaccata.
Entrando, scopro con sorpresa che l'atmosfera ricreata all'interno non corrisponde affatto all'immagine esteriore: il caseggiato che ospita la Trattoria è infatti una vecchia casa colonica completamente bianca, dall'aria un po' dimessa. Immaginavo grandi tavoloni spogli, gnocco e salame, un oste grasso e alla mano a fare burberamente gli onori di casa.
Questo è un ristorante, perdio!
Due piccole sale in perlinato, tavoli apparecchiati con sobria eleganza e cantinette in legno ingombre di bottiglie. Forse per la collocazione dei vini direttamente in sala da pranzo, la temperatura al nostro tavolo è piuttosto frigida.
Nonostante la sala sia quasi vuota ( e così resterà fino alla fine del pranzo) veniamo accolti da ben quattro giovani cameriere più il titolare, che si alterneranno al nostro tavolo con una frequenza piuttosto pressante e ansiogena, tanto da non lasciarci il tempo di guardare il menù con calma.
L'offerta di oggi è un ibrido modenese-mantovano (il confine tra le provincie è due curve più in là):
risotto alla mantovana con costine, tortelli di zucca, cappelletti in brodo, tortelli con ricotta e spinaci, tortelli di patate con pancetta, bigoli con guanciale e aceto balsamico e tagliatelle al tartufo.
Ordiniamo questi ultimi tre primi, in quattro. Cinzia non ha voglia di pasta.
Come antipasto una porzione di “Culatello, salame, parmigiano e mostarda” e una di "Fagotto ai formaggi”. Divideremo le porzioni a metà, un antipasto per ogni coppia.
Per secondo un filetto ai funghi porcini, una tagliata con rucola e parmigiano da dividere in due e un piccione viaggiatore ripieno. Patate al forno per tutti.
Un bottiglia di Lambrusco della casa di Chierici, Gualtieri, e acqua naturale.
Il vino è davvero poco piacevole, asprino e senza nerbo, pare annacquato.
A tutti e quattro ricorda inspiegabilmente una caraffa di “acqua, amarena e limone”. Vai a capire…
Gli antipasti arrivano molto velocemente e già divisi a metà: per me e Federica due fette di salame, un triangolo di buon Parmigiano accompagnato a mostarda di mele e due fette di gambuccio (non so perché abbiano scritto “Culatello”sul menù, ma si devono essere sbagliati…).
Ai nostri commensali un grosso quadrato di pasta sfoglia ripieno di formaggi, su cui non ricordo commenti.
Ecco i primi: i miei tortelli sono triangoli di pasta all'uovo liscia e bianchiccia; molti di essi sono rotti, vuoti o con pochissimo ripieno del tutto insapore. A corredo, una valanga di pancetta a dadini rosolata e appoggiata sul piatto, totalmente slegata dal resto.
Nel complesso non saprei cosa dire, non ricordo di aver assaggiato patate.
Scambio metà del mio piatto con Fede per assaggiare i suoi bigoli, che hanno difetti molto simili a quelli dei miei tortelli: la pasta ricorda più i Pici toscani, lunghi spaghetti bianchi e senza uova, completamente lisci, di certo non usciti da un torchio come vorrebbe la preparazione dei bigoli.
Il piatto, e con esso il guanciale, è affogato da una quantità industriale di glassa all'aceto balsamico, anche questa completamente insapore. Mentre sorbisco tristemente il resto del piatto penso che non ho mai mangiato niente di più anonimo.
Le tagliatelle al tartufo non le ho assaggiate, ma mi è parso strano che non emettessero alcun profumo a meno di trenta centimetri di distanza dal mio naso.
Al momento dell'ordinazione l'oste ci ha tenuto a precisare che quella era l'ultima settimana utile per assaggiare un tartufo d'Alba “spettacolare”. Andrea, che lo ha ordinato, non si esprime ma lascia nel piatto le ultime tre forchettate.
Ordiniamo un secondo lambrusco, un Ridello dell'Emilia prodotto a Solferino (?), l'unica alternativa disponibile in fatto di lambruschi. Meglio del precedente, ma niente di più.
Ecco i secondi: io Fede abbiamo ordinato la tagliata che è in porzione generosa ma troppo cotta e ricavata da un taglio di manzo che non riconosco. Sembra più carne da roastbeef.
E' più che mangiabile, sebbene strana, ma anche questa completamente insipida. Sono costretto a ricorrere al sale più volte durante l'assaggio, una cosa che non mi capita mai.
Il filetto ai porcini ha un aspetto delizioso; tuttavia, dopo alcuni istanti Andrea lamenta che i funghi sanno troppo “di frigo”. Evidentemente il prodotto è stato scongelato lentamente e l'acqua rilasciata ha preso quel fastidioso odore che ha il frigorifero di casa quando non viene sbrinato per mesi.
Un assaggio dei commensali conferma: i porcini, per quanto belli, sono immangiabili e resteranno a raffreddarsi sul lato del piatto insieme alla panna che li avvolge. Tutto sommato il filetto è tenero e al sangue, meglio di niente…
Cinzia invece affronta un piccione intero e molto invitante: sembra preparato all'umbra, aperto sul petto e cosparso del suo fondo di cottura, arricchito da verdure e pinoli.
Le chiedo com'è: come risposta ho una boccaccia storta sotto due occhi bassi.
Riparlandone più tardi, mi dice che il piatto era “assolutamente anonimo”. Se non altro in cucina sono coerenti…
Nessuno affronta il dolce, tranne Cinzia, che ordina una mousse di mascarpone e torroncino abbastanza interessante da strappare il gol della bandiera sul finale.
Quattro caffè e due grappe Marolo in attesa del conto, che cala come una mazzata.
163 euro, poco più di quaranta broccole a testa, gentilmente scontati a € 160, per due antipasti, tre primi, tre secondi, un dolce, due di vino e un'acqua. Tutto “assolutamente anonimo”.
Ormai fuori tempo massimo per qualsiasi lamentela, scorgo sulla ricevuta un secondo segnato a € 30; un prezzo non indicato nel menù e che, dopo mezz'ora di ricostruzione, non siamo riusciti ad assegnare a nessuna portata ordinata. Errore involontario o no, mi ha assolutamente contrariato.
Con tutta la buona volontà, spiace sempre dare un solo cappello, soprattutto dopo aver sborsato una cifra del genere, ma stavolta è proprio inevitabile.
Alla prossima
Poteva andare meglio..
[Frittella]
21/01/2010
La media non sbaglia.
Peccato, io ero stato da Dio.